Malpractice sanitaria e morti trattabili:
la “malattia” che in Europa
causa più decessi del covid19
In Europa muore circa una persona al minuto per malpractice sanitaria, va meglio in Italia, con meno di 1/10 dei casi.
L’Avvocato Chiarini spiega come stanno le cose nel nostro paese: “Indispensabile investire di più per il risk management e offrire maggior sostegno alla ricerca e alle strutture”
Mentre tutto il mondo è alle prese con la lotta al covid19, che ha già causato oltre 370 mila decessi in tutto il mondo, più di 180 mila solo in Europa, c’è un’altra causa silenziosa che provoca la morte di centinaia di migliaia di pazienti ogni anno: la malpractice sanitaria.
Ogni anno negli ospedali europei si registrano 571.000 decessi per ragioni riconducibili ai servizi sanitari, circa un caso al minuto di quelle che vengono definite morti trattabili, che potevano essere evitate se il personale avesse agito in modo diverso. La situazione va meglio in Italia, dove i numeri sono decisamente inferiori, anche se ancora troppo alti, con circa 42.000 morti all’anno per “malasanità”, vale a dire quasi 5 all’ora e un valore medio nazionale di circa 70 casi su 100.000 abitanti.
Il tasso di mortalità, dati alla mano, sembra avere un’incidenza maggiore di quella portata dal covid19, eppure si tende a parlare poco di questo argomento. I dati sulle infezioni ospedaliere, dette Infezioni Correlate all’Assistenza (I.C.A.), parlano di almeno 6.000 decessi all’anno: più di 16 persone al giorno muoiono. Queste infezioni sono non solo la causa frequente dei prolungamenti della durata della degenza ospedaliera, ma altresì quella di disabilità anche a lungo termine e, soprattutto, di una significativa mortalità evitabile.
Una condizione che, spesso, è figlia dei tagli del budget destinati alla sanità pubblica, che costringe medici, infermieri e tutto il personale a lunghi ed estenuanti turni, che portano ad uno sfinimento sia fisico sia mentale. In queste condizioni, le probabilità di errore umano aumentano
“La pandemia da covid19 ha reso ancor più evidente come oggi sia indispensabile investire di più nella gestione del rischio sanitario e offrire maggior sostegno economico e materiale alla ricerca, così come implementare il budget destinato al Sistema Sanitario Nazionale. – Commenta l’Avvocato Gabriele Chiarini, esperto in malpractice sanitaria – Chiaramente l’emergenza coronavirus solleva problematiche giuridiche del tutto peculiari, che rendono assai ardua la configurazione di una responsabilità delle Strutture (e men che meno degli Operatori). Ma in linea generale le infezioni sono un fenomeno che può e deve essere circoscritto, prevenuto ed evitato, come dimostrano le azioni recentemente messe in campo da Aziende Sanitarie virtuose, che hanno permesso di ottenere una drastica riduzione dell’incidenza di I.C.A. e della resistenza dei batteri agli antibiotici, conseguendo per inciso importanti risparmi di carattere finanziario. Proprio in questi giorni, abbiamo concluso con esito favorevole il caso di una paziente deceduta in Ospedale per una polmonite nosocomiale non diagnosticata per tempo.”
La donna era stata ricoverata per un problema di salute, che sembrava essere stato risolto, e si avviava alla guarigione. Purtroppo, presso la Struttura in cui era ricoverata, ha contratto una polmonite da Pseudomonas aeruginosa e Staphylococcus aureus resistente alla meticillina. Complice il periodo festivo e la concomitante carenza di personale sanitario, l’infezione è stata tardivamente diagnosticata, facendo precipitare la situazione. A nulla sono servite le terapie antimicrobiche, poiché lo stato della paziente risultava ormai inesorabilmente compromesso, fino a causarne la morte. Ai familiari della donna è stato erogato un risarcimento di 520.000 euro.
“La malpractice sanitaria è un tema delicato e complesso, che non può essere affrontato in maniera disinvolta o, peggio, sensazionalistica, ma impone un approccio prudente e scrupoloso, perché il paziente non può pretendere, sempre e comunque, di essere guarito. – Prosegue l’Avvocato – Purtroppo, nonostante i progressi fatti dalla scienza, continueranno ad esserci processi patologici che non possono essere risolti. Ma è anche vero, tuttavia, che l’attività sanitaria non può sfuggire alla responsabilità che ogni azione umana comporta. È, quindi, indispensabile mettere in campo le migliori risorse per contenere il rischio di errori medici, così come percorsi di monitoraggio e controllo degli eventi avversi. Solo attraverso la segnalazione delle criticità e l’analisi dei processi interni si può perseguire la sicurezza delle cure e la salute del paziente, come auspicato anche dalla recente riforma della responsabilità sanitaria messa in atto dalla legge Gelli-Bianco.”
Nella foto l’Avv. Gabriele Chiarini
Ufficio stampa
Alessandro Maola
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