FORUM LEGALE: L'avvocato risponde sull'affidamento in prova come pena alternativa al carcere

Giuseppe da Formia pone il seguente quesito:

“Gent.mo Avvocato Feula,

sono un uomo di 40 anni che, in passato, ha fatto degli errori che oggi si fanno sentire.

In particolare, nel 2017, sono stato stato condannato, in via definitiva, per lesioni aggravate e per porto abusivo di arma alla pena di 5 mesi e 10 giorni, con rito abbreviato, senza che però il giudice mi concedesse la sospensione condizionale della pena e questo perché avevo altre condanne per fatti analoghi commessi in precedenza. 

Ora mi è stato notificato, da parte della Procura, l’ordine di esecuzione per la carcerazione e decreto di sospensione del medesimo, dove mi si dice che ho 30 giorni di tempo per richiedere una misura alternativa alla detenzione. In particolare, volevo chiedere l’affidamento in prova al Servizio Sociale ma volevo sapere nello specifico in cosa consiste e se rischio di scontare la pena in carcere.

Grazie in anticipo”.

Gent.mo sig, Giuseppe,

il Suo caso è regolamentato, nello specifico, dalla legge sull’ordinamento penitenziario ed, in particolare, dall’art. 47 il quale disciplina il c.d. “affidamento in prova al servizio sociale”.

Esso, infatti, è una misura alternativa alla detenzione, il che vuol dire che la pena non si sconterà in carcere in ipotesi di ammissione al beneficio, bensì all’esterno e svolgendo attività presso i servizi Sociali della città ove risiede e che, nell’ottica generale della funzione rieducativa della pena, mira a favorire, attraverso una minore limitazione della libertà personale, il reinserimento sociale del condannato.

Ora, nella Sua e-mail, Lei non specifica altre Sue condizioni particolari, tipo tossicodipendenza, l’esser affetto da AIDS conclamata ecc…, e, pertanto, in merito a ciò, presumo che Lei non sia né un tossicodipendente, né un malato di AIDS (ai quali è riservato un tipo di affidamento in prova “particolare”) e, pertanto, in mancanza di queste informazioni, mi limiterò a trattare la sola fattispecie dello “Affidamento in prova ordinario”, ex art. 47 O.P., che disciplina i requisiti per accedere a detta tipologia di beneficio.

In breve, come cennato poco sopra, l’affidamento in prova al servizio sociale è una misura alternativa alla detenzione, nel senso che la pena da espiare, se inferiore a tre anni (non importa se residua di maggior pena o meno), consente all’affidando di espiarla al di fuori del regime carcerario (in pratica non si va in carcere), ma bisognerà svolgere, per conto del Servizio Sociale, una serie di attività, generalmente di volontariato, per un periodo di tempo pari alla misura della pena da scontare che, nel Suo caso, è di 5 mesi e 10 giorni.

Ovviamente, presupposto indefettibile è che per accedere al beneficio, vi sia alla base una sentenza definitiva di condanna.

A questo punto, se la prova si concluderà con esito positivo, essa estinguerà la pena ed ogni effetto.

Ma vediamo, con ordine, quali sono i requisiti per accedere a tutto ciò.

In primis, l’affidamento in prova può esser richiesto da condannato a pena definitiva non superiore a tre anni e che sia stato raggiunto dall’ordine di carcerazione e contestuale sospensione della pena.

In secondo luogo, chiediamoci quali sono i requisiti per accedere al detto beneficio.

Essi sono, nello specifico:

1) il condannato deve aver tenuto un comportamento che consenta un giudizio prognostico favorevole in ordine alla sua rieducazione (in tal caso, saranno decisive sia le relazione dei Servizi Sociali, sia le informative degli organi di polizia i quali, periodicamente, relazioneranno al Tribunale di Sorveglianza sulle Sue frequentazioni, sulla buona condotta ecc.);

2) pena da espiare non maggiore di tre anni (in ipotesi di affidamento in prova ordinario, ex art. 47 o.p.).

L’istanza, dato che mi pare di aver capito che Lei è in istato di libertà, dovrà esser presentata, perentoriamente, personalmente o a mezzo di difensore, entro 30 giorni dalla notifica dell’ordine di esecuzione della pena, presso la cancelleria del pubblico ministero che l’ha emesso la quale, a sua volta, la trasmetterà al Tribunale di Sorveglianza competente in relazione al luogo di esecuzione della pena.

A questo punto, a distanza di qualche anno (purtroppo la prassi è questa), il Tribunale di Sorveglianza fisserà una udienza laddove, all’esito, valuterà se concedere o meno il beneficio; in caso positivo, emetterà un’ordinanza adottata in camera di consiglio sulla scorta della documentazione relativa alla personalità del condannato (generalmente informazioni provenienti dall’Ufficio per l’esecuzione penale esterna), nonché di tutti gli elementi acquisibili, anche d’ufficio, che l’organo giudicante ritenga utili ai fini della decisione.

In tal caso l’ordinanza sarà notificata, a cura della cancelleria dell’organo giudicante, alle parti e ai difensori con l’avviso per l’interessato di presentarsi, nel termine perentorio di 10 giorni, all’UEPE (Ufficio Esecuzione Penale Esterna) al fine di procedere alla sottoscrizione del verbale con la conseguenza logica che, la mancata presentazione dell’affidando, comporta la revoca della misura.

In caso di mancata sottoscrizione del verbale, l’affidamento in prova non ha effetto.

Nel suddetto verbale, infatti, sono indicate tutte le prescrizioni alle quali l’affidando dovrà attenersi e che, per un verso, sono finalizzate a favorire l’opera di rieducazione e di reinserimento sociale mentre, dall’altro, sono dirette a paralizzare eventuali fattori recidivanti.

Nel corso della misura l’UEPE deve aiutare il condannato al reinserimento sociale, controllare la condotta tenuta, verificare il rispetto delle prescrizioni e riferire periodicamente al Magistrato di Sorveglianza sull’andamento dell’affidamento, inviando poi una relazione finale alla conclusione della misura.

E’ bene sottolineare che il beneficio potrà esser revocato, allorquando il comportamento del condannato, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, sia incompatibile con la prosecuzione della prova.

A questo punto, e concludendo, la prova potrà avere, ovviamente, due tipi di esiti: uno positivo,  uno negativo.

Se l’esito sarà positivo, la pena detentiva, ed ogni altro effetto penale, ad eccezione delle pene accessorie perpetue, verrà considerata espiata, viceversa, se l’esito sarà  negativo (perché per esempio il condannato non ha dato prova del proprio corretto reinserimento sociale ecc…) il Tribunale di Sorveglianza dichiara l’esito negativo e determina il quantum da espiare.

Nella speranza di esserLe stato d’aiuto e nella consapevolezza di aver ridotto al minimo le informazioni qui dateLe su di un tema per il quale poche righe, sicuramente, non sono sufficienti a trattare in maniera esaustiva un tema molto complesso come quello in esame, Le porgo i miei migliori saluti e resto a Sua disposizione per ogni eventuale chiarimento.

Avv. Leonardo Feula

Rubrica a cura dello Studio Legale

Avv. Luca Di Fazio – Pec avvocatodifazio@puntopec.it – avvocatodifazio@alice.it

Avvocato Leonardo Feula – Cell. 339 6921372  – pec:avvleonardofeula@puntopec.it

Via Marzabotto, 31 – 04022 – Fondi (LT) – tel,/fax 0771 537683

 

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